Il 23 ottobre, in occasione dello sciopero generale si sono svolti due presidi indetti dalla Cub, uno in piazza Palazzo di Città, davanti alla sede del Comune, e l’altro in corso Francia 14 alla sede di Confcommercio.
I
n prima fila davanti al comune i lavoratori e le lavoratrici delle scuole comunali e statali.
Alla Confcommercio c’era chi lavora nella sanità privata e subisce il triplice ricatto dei contratti a termine, del salario e del rischio di contrarre il virus.
Salari da fame, precarietà, disoccupazione, sovraffollamento, mancanza di sicurezza sul posto di lavoro, tagli ai servizi oltre al duro attacco alla libertà di dissenso al tempo della pandemia, sono solo alcune delle questioni che hanno animato la giornata di lotta.
La strada di fronte al comune è stata a lungo bloccata dai manifestanti.
Il giorno successivo all’angolo tra corso Palermo e corso Giulio Cesare hanno manifestato i Si.Cobas. L’incrocio è stato bloccato per un paio d’ore. Con loro un nugolo di formazioni della sinistra autoritaria.

Di seguito il volantino distribuito nelle piazze dalle anarchiche e anarchici della F(A)T e alcune immagini.

Salute,
istruzione, trasporti, salario, casa…
Un terno al lotto

Nelle scuole di Stato non c’è nessuna reale tutela per lavoratori e studenti, al di là di disposizioni palliative su banchi, temperature e mascherine, che, dentro scuole sovraffollate, paiono del tutto insufficienti. Non ci sono spazi nuovi e mancano gli insegnanti. Tanti sono ammalati o in quarantena. Per chi se le può permettere ci sono scuole private, corsi di formazione all’estero, aule grandi e spazi all’aperto. Per gli altri le classi pollaio, i docenti usa e getta, le scuole che ti crollano addosso.
Tutto come prima, peggio di prima.

Chi non può permettersi il lusso di viaggiare in auto spera di trovare un bus non troppo pieno. Anno dopo anno, hanno diradato i passaggi alle fermate, ridotto le linee, aumentato il costo dei biglietti. Per chi se li può permettere ci sono i trasporti privati, per gli altri lunghe attese di autobus sovraffollati e costosi.
Era così prima dell’epidemia, ora è anche peggio.

In fabbrica e nella logistica non basta un poco di gel a scongiurare il diffondersi del contagio. Lavoratori e lavoratrici rischiano la vita, mentre la precarietà è sempre più normale, i salari non riescono a seguire l’aumento dei prezzi.
Negli ospedali e negli ambulatori la situazione è disastrosa: code infinite per accedere a ogni tipo di visita o esame. Persone fragili obbligate ad attendere in strada al freddo per accedere ad ambulatori e studi medici.
Sono passati tanti mesi dall’inizio della pandemia, ma poco o nulla è cambiato, se non in peggio. Alle file di chi si ammala e muore di covid si aggiungono quelle di chi soffre di altre patologia e trova sbarrata la strada per esami e visite. La prevenzione è diventata un miraggio.
Per chi se le può permettere ci sono le cliniche private, la prevenzione, le cure. Per gli altri la vita, specie in questi mesi, è diventata un terno al lotto.
Era così prima dell’epidemia, ora è anche peggio.

Ci raccontano che non ci sono abbastanza soldi per la salute, l’istruzione, i trasporti. Mentono.
Le spese militari in Italia crescono da anni, così come i tagli alla scuola, alla sanità, ai trasporti.

Ma a decidere non è mai il destino. Decidono padroni e governi.
Sono loro che hanno
scelto dove e come investire, dove e perché spendere il denaro sottratto alle nostre buste paga.
La spesa militare è passata dall’1,25 per cento del Pil fino a raggiungere un picco del 1,45 per cento mentre quella sanitaria è scesa di un punto percentuale.
Nel 2020 sono stati stanziati circa 26,3 miliardi in spese militari, un miliardo e mezzo in più rispetto al 2019. 5,9 miliardi di euro sono destinati all’acquisto di nuovi sistemi d’arma.
In estate il governo ha deciso il rifinanziamento delle missioni militari. Riconfermate le oltre 40 missioni dello scorso anno, tra cui spiccano quelle in Libia, Iraq, Niger, Afganistan, Libano, Balcani e Lettonia, per una cifra complessiva che, in linea con gli anni precedenti, supera ampiamente il miliardo di euro.
Si aprono altri fronti dalla Libia al Sahel sino al Golfo di Guinea e cresce il numero di militari impiegati, che tocca gli 8.613.

Provate ad immaginare quanto migliori sarebbero le nostre vite se i miliardi impiegati per ricacciare uomini, donne e bambini nei lager libici, per garantire gli interessi dell’ENi in Africa, per investire in armamenti, militari nelle strade delle nostre periferie fossero usati per scuola, sanità, trasporti.

Ma immaginare non basta. Occorre mutare paradigma.
Servono cambiamenti radicali. Inutile crogiolarsi nella riproposizione di una prospettiva welfarista oggi inattingibile. L’illusione welfarista consegna una delega in bianco allo Stato, che oggi, quando è sotto forte pressione, si limita a elemosine.
Costruiamo assemblee territoriali, spazi, scuole, trasporti, ambulatori autogestiti. Ci raccontano la favola che una società complessa è ingovernabile dal basso mentre ci annegano nel caos della gestione centralizzata e burocratica delle scuole, degli ospedali, dei trasporti. La logica è quella del controllo e degli affari. Occorre spezzarla.

È urgente cambiare la rotta. Con l’azione diretta, costruendo spazi politici non statali, moltiplicando le esperienze di autogestione, costruendo reti sociali che sappiano inceppare la macchina e rendano efficaci gli scioperi e le lotte territoriali.

Un mondo senza sfruttati né sfruttatori, senza servi né padroni, un mondo di liberi ed eguali è possibile.
Tocca a noi costruirlo.

Federazione Anarchica Torinese
Corso Palermo 46 – riunioni – aperte agli interessati – ogni mercoledì alle 17,30
contatti:
fai_torino@autistici.orgwww.anarresinfo.org – fb: @senzafrontiere.to