Siamo nel cuore di Barriera di Milano, nei giardinetti tra corso Palermo e via Sesia, a due passi dal mercato di piazza Foroni. Da oltre due mesi questo luogo è stato messo sotto assedio da polizia, carabinieri ed alpini: continui controlli e retate, per pescare chi non è in regola con i documenti, chi campa di lavori informali, chi gestisce un negozietto che diventa anche un bar dove tutto costa meno.
Qui un martedì pomeriggio di febbraio ci siamo dati appuntamento per aprire uno spazio libero da controlli e polizia. Un pomeriggio di interventi musica, volantinaggi, confronto con chi vive, con sempre maggiore fatica quest’angolo di periferia.
Un modo per tenere lontane le divise.

Di seguito il testo distribuito in piazza.
Vivere in periferia è sempre più difficile: ovunque si allungano le file dei senza casa, senza reddito, senza prospettive. Per mettere insieme il pranzo con la cena in tanti si adattano ad una miriade di lavori precari, sottopagati, in nero, senza tutele.
A Torino crescono come funghi i cantieri drogati dalla prospettiva del superbonus, ma chi ci lavora prende poco e rischia la vita ogni giorno. Ovunque si allunga la lista dei morti e dei mutilati: non sono incidenti ma la feroce logica del profitto che si mangia la vita e la salute di tanta gente.
Negli ultimi due anni i ricchi sono diventati ancora più ricchi, mentre chi era povero è diventato ancora più povero.
Il prezzo di gas e luce è raddoppiato, tanta gente è sotto sfratto o con la casa messa all’asta. Se non ci sono i soldi per il fitto e le bollette, la tutela della salute diventa una merce di lusso che possono permettersi in pochi. Così dal 2015, ben prima della pandemia, per la prima volta dal 1945, l’aspettativa di vita nel nostro paese si è ridotta.
La gestione della pandemia è stata un laboratorio dove sperimentare tecniche di controllo sociale prima impensabili, pur di non spendere un soldo per la casa, la sanità, i trasporti, le scuole. La spesa militare è costantemente aumentata, le missioni all’estero delle forze armate italiane si sono moltiplicate.

Nei quartieri poveri il controllo militare imposto durante il lockdown è diventato sempre più duro. Intere aree del quartiere vengono messe sotto assedio, con continue retate di persone senza documenti o che vivono grazie ad un’economia informale.
Persino gli allegri festeggiamenti per la vittoria del Senegal nella coppa Africa si sono trasformati in occasione
per criminalizzare chi vi aveva partecipato e gradito poco lo scorrazzare di auto della polizia. Quando vince la nazionale italiana la polizia si guarda bene dal cercare di fermare i festeggiamenti in strada.
Torino da città dell’auto si sta trasformando in città dei bombardieri e vetrina per turisti.
Una vetrina che i poveri che passano ore ai giardinetti non devono sporcare. L’aspirazione ad avere una socialità non mercificata va repressa.
Due settimane fa uno stuolo di giornalisti e fotoreporter ha accompagnato la polizia a caccia di ragazzi, che facevano il tifo per la loro squadra.
Il governo a tutti i livelli punta il dito sulle persone più povere, razzializzate, con il continuo ricatto dei documenti, per nascondere la guerra sociale che ha scatenato contro tutti i poveri, italiani e nati altrove, schierandosi a fianco di padroni grandi e piccoli.
Lungo le sponde della Dora, nei pressi del Balon, l’operazione “sponde sicure” ha regalato ai proprietari dei bar disponibili a collaborare attivamente con la polizia lo spazio lungo il fiume per i loro dehor: sono sparite le panchine, per impedire che qualcuno ci si sdraiasse.
Il controllo etnicamente mirato del territorio mira a reprimere sul nascere ogni possibile insorgenza sociale.
Da quando il comitato per l’ordine e la sicurezza ha puntato sull’area di corso Palermo limitrofa al mercato di piazza Foroni, quasi ogni giorno ci sono camionette di polizia, carabinieri, alpini.
Quei militari fanno sei mesi in periferia e se mesi in Africa, dove le bandiere tricolori sventolano accanto a quelle dell’ENI, la punta di diamante del colonialismo italiano in Africa.
La guerra per il controllo delle risorse energetiche va di pari passo con l’offensiva contro le persone in viaggio, per ricacciar
li nelle galere libiche, dove torture, stupri e omicidi sono fatti normali.
In Barriera di Milano tanti sono immigrati o figli di immigrati arrivati dal sud come i cerignolesi. Poi sono arrivate persone nate in Africa, in Cina, in Sudamerica: i loro figli e nipoti vanno nelle stesse scuole e negli stessi giardinetti dei figli e dei nipoti degli immigrati degli anni Sessanta. Tanti degli attuali abitanti delle Barriera sono arrivati su un barcone e sono passati dalle prigioni in Libia e dagli hotspot in Italia.
Il governo e i fascisti soffiano sul fuoco della guerra tra poveri italiani e poveri immigrati, per avere mano libera a fare la guerra a noi tutti.

Riprendiamoci gli spazi del quartiere militarizzati e resi deserti dalla polizia e dai militari. Pro
viamo ad immaginare di farla finita, sin da ora, con stato, padroni, militari, polizia.
Ci raccontano la favola che una società complessa è ingovernabile dal basso mentre ci annegano nel caos della gestione centralizzata e burocratica delle scuole, degli ospedali, dei trasporti.
Puntare sulla costruzione di assemblee territoriali, spazi, scuole, trasporti, ambulatori autogestiti non è un’utopia ma l’unico orizzonte possibile per
liberarci dallo stato e dal capitalismo.

Assemblea Antimilitarista – Federazione Anarchica Torinese