Giovedì 25 aprile
ore 15
alla lapide del partigiano anarchico Ilio Baroni,
in corso Giulio Cesare angolo corso Novara
dove Ilio cadde combattendo il 26 aprile 1945.
Ricordo, bicchierata, fiori, musica.
E, dal vivo, Alba&Carenza503 e il Cor’occhio nel canzoniere anarchico e antifascista
(in caso di pioggia, dopo il ricordo ci si sposterà in corso Palermo 46 per la musica).

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Come ogni anno ci ritroviamo alla lapide che ricorda Ilio Baroni, partigiano anarchico.
Oggi più che mai ritrovarci in quell’angolo di periferia, dove cadde combattendo Baroni, non è mero esercizio di memoria, ma occasione per intrecciare i fili delle lotte, perché il testimone lasciato da chi non c’è più è ora nelle nostre mani.
Ilio Baroni, operaio toscano emigrato a Torino negli anni venti, era comandante della VII brigata Sap delle Ferriere.
Le Sap sabotavano la produzione, diffondevano clandestinamente volantini antifascisti e si preparavano all’insurrezione. Ilio, nome di battaglia ”il Moro”, è protagonista di azioni di guerriglia.
Il 25 aprile Torino è paralizzata dallo sciopero generale, scoppia l’insurrezione, la città diventa un campo di battaglia.
Baroni e i suoi attaccano la stazione Dora e si guadagnano un successo. Giunge una richiesta d’aiuto dalla Grandi Motori. Il Moro non esita ad aiutare i compagni nel mezzo di una battaglia furiosa, e cade sotto il fuoco. È il 26 aprile.
Ilio Baroni non potrà vedere il momento per cui ha lottato duramente tutta la vita…
Ma il fascismo non è morto il 25 aprile del 1945…

Tra sfruttamento, lavori precari e pericolosi, morti in mare, leggi razziste, militari per le strade, guerra, la democrazia somiglia sempre più al fascismo. Gli eredi della dittatura oggi sono al governo e, giorno dopo giorno, moltiplicano la stretta repressiva nei confronti di pover* e oppositor* politic* e social*.
La gente di Barriera ha volti e storie diverse ma la stessa condizione di sfruttamento e oppressione di chi combatté il fascismo perché voleva una società senza stato né padroni.
Nel 1917, in pieno conflitto mondiale, lo sciopero contro la guerra e la fame si trasformò in insurrezione: ogni angolo della Barriera divenne una barricata. Per contrastare le cariche a cavallo vennero inaugurate le barricate elettrificate. In piazza Crispi c’era una scuola Moderna, dove gli operai anarchici studiavano per impadronirsi del sapere riservato ai signori, per imparare ad autogestire la società di liberi ed uguali che avevano nella testa e nelle mani.
Durante il fascismo, nonostante la durissima repressione, in Barriera agiva uno dei tre gruppi anarchici clandestini di Torino. Negli anni della Resistenza la Barriera fu teatro di lotte durissime, prima in fabbrica, poi nelle strade.
Difesero le fabbriche dalla distruzione, perché era viva in loro la memoria degli anni Venti, dell’occupazione delle fabbriche, della lotta in armi per cacciare per sempre i padroni.
La fine del fascismo non portò la vita per la quale in tanti avevano lottato ed erano morti. Ma il filo delle lotte non si spezzò. Negli anni Sessanta e Settanta il volto della Barriera mutò: accanto ai torinesi e ai contadini piemontesi inurbati arrivarono lavoratori dal Meridione e dal Nord Est.
La convivenza non fu facile. Furono le lotte comuni a rompere il muro di diffidenza e persino di razzismo tra i lavoratori piemontesi e gli ultimi arrivati. In fabbrica il nemico di tutti era sempre il padrone e chi lo serviva, nelle periferie operaie le lotte per la casa, i trasporti, le scuole, la sanità furono il fronte sul quale si ricostruì la comunità della Barriera, una comunità che diveniva includente, nella solidarietà tra eguali.
Poi sono arrivati gli anni Ottanta. E poco a poco tutto è cambiato. La lotta di classe continua, ma a vincerla sinora sono stati i padroni.
Ritrovare un fronte di lotta comune con gli immigrati arrivati dall’Africa, dalla Cina, dal Sudamerica, dai paesi dell’est non è sempre semplice, anche se da qualche anno qualcosa si sta cominciando a muovere.

Vivere in periferia non è mai stato facile. Oggi va ancora peggio: ovunque si allungano le file dei senza casa, senza reddito, senza prospettive. Per mettere insieme il pranzo con la cena in tanti si adattano ad una miriade di lavori precari, sottopagati, in nero, senza tutele.
Ovunque si allunga la
lista dei morti e dei mutilati sul lavoro: non sono incidenti ma la feroce logica del profitto che si mangia la vita e la salute di tanta gente.
In questi ultimi anni i ricchi sono diventati ancora più ricchi, mentre chi era povero è diventato ancora più povero.
Il prezzo di gas e
luce è raddoppiato, tanta gente è sotto sfratto o con la casa messa all’asta. Se non ci sono i soldi per il fitto e le bollette, la tutela della salute diventa una merce di lusso che possono permettersi in pochi. Così dal 2015, ben prima della pandemia, per la prima volta dal 1945, l’aspettativa di vita nel nostro paese si è ridotta.

Barriera di Milano, ormai da anni, è divenuta un laboratorio dove sperimentare tecniche di controllo sociale prima impensabili, pur di non spendere un soldo per la casa, la sanità, i trasporti, le scuole. In questi anni la spesa militare è costantemente aumentata, le missioni all’estero delle forze armate italiane si sono moltiplicate.
I militari fanno sei mesi
in missioni militari all’estero, sei mesi per le strade delle nostre città.
Tante missioni sono in Africa, dove le bandiere tricolori sventolano accanto a quelle gialle con il cane a sei zampe dell’ENI, la punta di diamante del colonialismo italiano.
La guerra per il controllo delle risorse energetiche va di pari passo con l’offensiva contro le persone in viaggio, per ricacciarl
e nelle galere libiche, dove torture, stupri e omicidi sono fatti normali.
In Barriera tanti sono immigrati o figli di immigrati arrivati dal sud come i cerignolesi della piazza del mercato. Poi sono arrivate altre persone, nate in Africa, in Cina, in Sudamerica: i loro figli e nipoti vanno nelle stesse scuole e negli stessi giardinetti dei figli e dei nipoti degli immigrati degli anni Sessanta. Tanti degli attuali abitanti delle Barriera sono arrivati su un barcone e sono passati dalle prigioni in Libia e dagli hotspot in Italia.
Il governo e i fascisti soffiano sul fuoco della guerra tra poveri italiani e poveri immigrati, per avere mano libera a fare la guerra a noi tutti.

Nei quartieri poveri il controllo militare è diventato normale. Anzi! Ogni giorno è peggio.
Intere aree del quartiere vengono messe sotto assedio, con continue retate di persone senza documenti o che vivono grazie ad un’economia informale.
Ormai da mesi i militari dell’operazione “Strade Sicure” sono sbarcati in Barriera di Milano, per offrire un’illusione di sicurezza a chi fatica ad arrivare a fine mese e non riesce a pagarsi la casa o una visita privata dal medico.
Torino da città dell’auto si sta trasformando in città dei bombardieri e vetrina per turisti. Una vetrina che i poveri che passano ore ai giardinetti non devono sporcare. L’aspirazione ad avere una socialità non mercificata va repressa.
Il governo a tutti i livelli punta il dito sulle persone più povere, razzializzate, con il continuo ricatto dei documenti, per nascondere la guerra sociale che ha scatenato contro tutti i poveri, italiani e nati altrove, schierandosi a fianco dei padroni grandi e piccoli.
Il controllo etnicamente mirato del territorio mira a reprimere sul nascere ogni possibile insorgenza sociale.


Come anarchici radicati nel quartiere da oltre quarant’anni, proviamo costruire reti solidali, iniziative di informazione, lotta, socialità negli spazi messi sotto assedio dalla polizia, in quelli minacciati di sgombero o sfratto.

Con la lotta, la solidarietà il mutuo appoggio, possiamo far si che le nostre vite diventino migliori.
Riprendiamoci gli spazi del quartiere militarizzati e resi deserti dalla polizia e dai militari. Proviamo
ad immaginare di farla finita, sin da ora, con stato, padroni, militari, polizia.
Ci raccontano la favola che una società complessa è ingovernabile dal basso mentre ci annegano nel caos della gestione centralizzata e burocratica delle scuole, degli ospedali, dei trasporti.
Costruiamo insieme assemblee territoriali, spazi, scuole, trasporti, ambulatori autogestiti! Non è un’utopia ma l’unico orizzonte possibile per liberarci dallo stato e dal capitalismo.
La sicurezza è casa, reddito, sanità per tutte e tutti, non soldati per per le strade!

La memoria non è un esercizio retorico, ma linfa che si espande tra le lotte di ieri e quelle di oggi.
Da decenni hanno imbalsamato la Resistenza riducendola a mera lotta di liberazione nazionale, per cancellarne la spinta sovversiva, internazionalista, contro stato e padroni.
Oggi ci vorrebbero tutti arruolati, tutti schierati nelle guerre in cui il nostro paese è impegnato direttamente o indirettamente. Noi non ci stiamo. Noi non ci arruoliamo, rifiutiamo la retorica patriottica come elemento di legittimazione degli Stati e delle loro pretese espansionistiche. L’antimilitarismo, l’internazionalismo, il disfattismo rivoluzionario sono stati centrali nelle lotte del movimento dei lavoratori e delle lavoratrici sin dalle sue origini. Sfruttamento ed oppressione colpiscono in egual misura a tutte le latitudini, il conflitto contro i “propri” padroni e contro i “propri” governanti è il miglior modo di opporsi alla violenza statale e alla ferocia del capitalismo in ogni dove.
Siamo a fianco della gente che, ovunque nel mondo, muore sotto le bombe, siamo a fianco di chi, ovunque nel mondo, subisce carcere e repressione per essersi opposto alla guerra.
Siamo contro l’economia di guerra qui e ovunque.
Siamo a fianco di chi, in ogni dove, diserta la guerra tra gli stati, che si contendono il dominio imperiale sui territori, le risorse, le vite di donne, uomini e bambin*.
Siamo contro la guerra e chi la arma, a partire dal colosso armiero Leonardo, che fa buoni affari con tutti e sta per costruire a Torino la città dell’aerospazio.

Siamo disertori di ogni guerra, partigiani contro ogni stato.

I compagni e le compagne che lottarono per le strade di Barriera, che difesero le fabbriche dalla distruzione, avevano tra le mani il sogno di farla finita con oppressione e povertà.
Erano quelli come Ilio Baroni, operaio alle Ferriere, che cadde combattendo per l’anarchia.

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Giovedì 25 aprile
ore 15
alla lapide del partigiano anarchico Ilio Baroni,
in corso Giulio Cesare angolo corso Novara
dove Ilio cadde combattendo il 26 aprile 1945.
Ricordo, bicchierata, fiori, musica.
E, dal vivo, Alba&Carenza503 e il Cor’occhio nel canzoniere anarchico e antifascista
(in caso di pioggia, dopo il ricordo ci si sposterà in corso Palermo 46 per la musica)

Domenica 28 aprile
Corteo No G7 a Venaria
Giardini Galileo Galilei
ore 12 punto info
ore 14  manifestazione sino alla Reggia
dove i ministri dei sette paesi più industrializzati discuteranno di Ambiente ed Energia.
Antimilitarist* contro il G7 energia e ambiente, contro l’ENI, la logica estrattivista, le missioni militari neocoloniali dell’Italia

Mercoledì 1 maggio
ore 9
piazza Vittorio
Spezzone rosso e nero
Contro tutte le patrie per un mondo senza frontiere!

Pace tra gli oppressi, guerra agli oppressori!