Torino. Martedì 14 febbraio sentenza al processo “Borghezio”

Martedì 14 febbraio alle ore 10
ultima udienza del processo
Palagiustizia, corso Vittorio Emanuele 130
aula 82, ingresso 22, primo piano.

Venerdì 17 febbraio ore 21
conferenza/dibattito
“Il seme dell’odio. La Lega tra populismo e demagogia”
Interverrà Pietro Stara. Ore 21 in corso Palermo 46

Sabato 18 febbraio
presidio antileghista solidale in piazza Castello. Dalle ore 10

Martedì 14 febbraio ci sarà la sentenza al processo contro due anarchici.
L’accusa? Diffamazione e minacce nei confronti di Mario Borghezio, europarlamentare della Lega Nord e, per inciso, noto razzista e fascista non pentito.
I fatti?
Alla vigilia del 25 aprile del 2010 davanti alla sede della Lega apparve un fantoccio con la faccia di Borghezio appeso a testa in giù, come Mussolini a piazzale Loreto. Manifesti analoghi furono affissi in città. Un gesto simbolico per mostrare che il fascismo è al governo e in parlamento.
Maria ed Emilio sono accusati di aver detto e scritto che Borghezio è un fascista ed un razzista. Borghezio ha sempre proclamato con orgoglio di essere fascista e razzista: nonostante questo i nostri due compagni rischiano una condanna per averlo diffamato.

In tribunale Maria ed Emilio, sulla cui responsabilità nel gesto simbolico il PM Rinaudo non ha uno straccio di prova, hanno letto una dichiarazione spontanea nella quale hanno ribadito la piena condivisione politica e morale delle iniziative di quel 25 aprile.
Ne riportiamo alcuni stralci:

“Noi siamo anarchici. Gli anarchici sono sempre stati in prima fila contro il fascismo.
Oggi il fascismo è tornato. Guerra, razzismo, militari in strada, profughi respinti in mare, campi di concentramento per gli indesiderabili.
La Lega Nord ne è l’emblema.
Siamo accusati di aver appeso un manichino con la faccia di Borghezio davanti alla sede della Lega alla vigilia del 25 aprile.
Un gesto provocatorio per scuotere le coscienze, perché, alla vigilia del giorno in cui si ricorda l’insurrezione contro il fascismo, la memoria della gente di Torino tornasse a quei giorni. Quando nelle strade di Torino i partigiani combattevano per la libertà, la giustizia sociale, la solidarietà.
La Lega Nord promuove continue campagne di odio razzista e xenofobo. Borghezio fa comizi con i neofascisti di Forza Nuova, gli stessi che “festeggiano” in rete la morte di quattro bambini rom, bruciati vivi in una baracca.
Borghezio ha dato fuoco ai ricoveri degli immigrati, ha spruzzato l’insetticida addosso a povere ragazze africane, ha malmenato un bambino marocchino che vendeva accendini.
Nessuno minaccia Borghezio. Borghezio è solo l’icona triste, che meglio svela la ferocia delle politiche della Lega. Politiche che sono ben più che una minaccia per chi vive in questo paese.
Siamo processati solo per aver espresso liberamente le nostre opinioni.
Difendiamo anche in quest’aula la libertà di esprimere le nostre idee.
La libertà di dire, oggi come nell’aprile del 2009, che il fascismo colpisce ogni giorno.
La libertà di ricordare le ragioni di chi combatteva il fascismo, portando in se il sogno di un’umanità senza stati né frontiere, solidale. Le ragioni di chi lottava perché uguaglianza/libertà/solidarietà non fossero solo parole ma il cuore stesso della nostra società. Queste ragioni sono state dimenticate o gettate nel fango.
Oggi siamo in quest’aula per queste idee e non per altro.
Se ci condannate, ci condannate per queste idee e non per altro.”
(Maria Matteo, Emilio Penna)

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I No Tav arrestati protestano: 5 trasferiti per punizione. Riesame: restano in carcere Giorgio e Luca, domiciliari per Zeno e Federico

Giovedì 9 febbraio. Il No Tav non si arresta. Nemmeno in carcere. Alle Vallette martedì scorso quattro dei No Tav arrestati il 26 gennaio per le giornate di lotta e di resistenza del 27 giugno e del 3 luglio hanno protestato attivamente contro la cancellazione delle ore di “socialità” concesse dall’amministrazione penitenziaria.
La vendetta non si è fatta attendere: questa mattina l’anarchico Tobia Imperato è stato trasferito nel carcere di Cuneo.
Secondo quanto scrivono i quotidiani La Stampa e CronacaQui direttori e secondini delle carceri di mezza Italia non vorrebbero i detenuti No Tav, perché sono diventati punto di riferimento per gli altri prigionieri e la situazione, già incandescente per il sovraffollamento, rischia di dilagare in proteste più ampie.

Aggiornamento ore 11,39. Luca Cientanni è stato trasferito questa mattina nel carcere di Ivrea.
Questa mattina, lo riferisce l’avvocato Lamacchia, il tribunale del riesame si è pronunciato sulle richieste di scarcerazione dei quattro No Tav per i quali c’è stata l’udienza il 6 febbraio. Luca Cientanni e Giorgio Rossetto restano in carcere, a Federico Guido e Zeno Rocca sono stati concessi i domiciliari.
L’udienza del riesame per gli altri No Tav è stata fissata il 13 febbraio: l’esito si saprà il prossimo fine settimana.
Giungono notizie dal carcere da Gabriela Avossa, le cui condizioni di detenzione sono particolarmente dure: è rinchiusa in una cella senza finestre e dorme in un letto pieno di pulci.

Aggiornamento. Altri tre No Tav trasferiti per punizione: Matteo Grieco – Mambo – nel carcere di Alessandria, Giorgio Rossetto è stato portato in quello di Saluzzo, Jacopo Bindi è ad Alba

Un motivo in più per essere in tanti alla manifestazione del 25 febbraio da Bussoleno a Susa – dove gli anarchici sociali promuovono uno spezzone rosso e nero.

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Ancora in marcia. 25 febbraio corteo No Tav

Lunedì 6 febbraio. Domani ci sarà la prima udienza al tribunale del riesame per i No Tav arrestati il 26 gennaio e un concerto di solidarietà davanti al carcere delle Vallette a Torino.
Di seguito l’articolo che uscirà sul prossimo numero di Umanità Nova con gli aggiornamenti sugli arresti No Tav, la firma dell’accordo sulla Torino Lyon del 31 gennaio e un approfondimento sulla prossima manifestazione No Tav del 25 febbraio da Bussoleno a Susa.

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Liberi tutti! Le macerie del Tav a Torino

Diecimila solidali con gli attivisti in carcere
Sabato 28 gennaio. Una nevicata di quelle che non si vedevano da tempo a Torino. Una boccata d’aria dopo mesi di siccità e smog. Gennaio si è ripreso il suo mantello di freddo e ghiaccio.
I No Tav, nonostante la giornata da lupi, si sono raccolti in molte migliaia in piazza Carlo Felice. C’erano tutti: i comitati della Val Susa, di Torino, dei paesi intorno, e tanti solidali arrivati da tutta Italia per sostenere ancora una volta una lotta che è divenuta punto di riferimento per tanti che si oppongono alle grandi opere inutili, alle installazioni militari, alla devastazione del territorio ed allo spreco delle risorse.
Il primo gennaio l’area del non/cantiere della Maddalena è divenuta area strategico-militare. L’ultimo tassello di una strategia disciplinare che l’intera classe politica, compresi i tecnocrati oggi al governo, hanno deciso di mettere in campo per piegare la resistenza dei No Tav.
Il 28 gennaio era stata organizzata come giornata di informazione e lotta alla militarizzazione, al Tav, alla lobby che lo sostiene
L’indignazione per gli arresti del 26 gennaio ha fatto sì che la manifestazione si allargasse, dilagando per le strade, invadendo il centro di Torino, assediando il palazzo della Regione.
In apertura c’erano le carriole cariche di una manciata delle macerie prodotte per allestire il fortino della Maddalena. C’erano pezzi degli alberi tagliati per il non cantiere, filo spinato, bossoli dei lacrimogeni che ci hanno soffocati e feriti. Il segno tangibile della violenza dello Stato.
Uno Stato che ha dichiarato guerra ai No Tav: occupare un territorio per imporre un opera non voluta, cintarlo come una fortezza, impiegando blindati e soldati reduci dalla guerra in Afganistan, è vera guerra.
Il 28 gennaio abbiamo voluto, in modo simbolico ma concreto restituire ai signori del Tav le loro macerie. Le macerie della libertà di tutti ferita dalla militarizzazione di un’intera valle.
La frivolezza tattica della Clown Army ha accompagnato le carriole di fronte al Palazzo della Regione, dove i soldati/vestiti da pagliacci hanno irriso i pagliacci in divisa che presidiavano l’ingresso.
In testa, dietro allo striscione “No Tav, una garanzia per il futuro”, c’era anche il grande striscione “il No Tav non si arresta”.
Dal camioncino per l’intero percorso si sono ricordate le ragioni dei No Tav. Le ragioni di chi si mette di mezzo, di chi non ci sta, di chi pensa a quante scuole, ospedali, ferrovie per i pendolari si potrebbero costruire con i 22 miliardi destinati ad un’opera che serve solo ad arricchire la lobby del cemento e del tondino e i suoi padrini politici, a destra come a sinistra.
In tutto il corteo più volte è echeggiato lo slogan “libertà, libertà!
Un corteo bello, multiforme, con tante anime. C’erano decine e decine di cartelli autoprodotti, in cui ciascuno aveva scritto una delle tante ragioni della lotta.
Non potevano mancare le foto degli arrestati, i cartelli di saluto per l’uno e per l’altro. Sul furgone di apertura c’era scritto “Liberi tutti!”
Il prossimo appuntamento sarà il 25 febbraio. Una grande manifestazione da Bussoleno a Susa, la marcia di un popolo che non si arresta, un popolo che ormai è in tutta Italia.

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No Tav. Quelli che si mettono di mezzo

Arresti, perquisizioni, obblighi di dimora. Questa la ricetta della Procura di Torino, che da lunghi mesi si è assunta l’incarico di regolare i conti con il movimento No Tav. Sin dal giugno scorso si sono moltiplicati avvisi di garanzia, arresti, denunce, fogli di via nei confronti degli attivisti No Tav. Tutti firmati da Giancarlo Caselli, l’eroe della sinistra giustizialista, che vuole farla finita con un movimento cui si sono ispirati i tanti che si battono contro lo devastazione del territorio, contro un’idea di sviluppo folle e distruttiva, contrastando discariche, centrali, fabbriche inquinanti e installazioni militari. Giancarlo Caselli, il procuratore antimafia, che si schiera con la mafia del Tav.
La strategia della lobby Si Tav è molto chiara: trasformare la protesta nei confronti di un’opera inutile, dannosa, follemente costosa in una questione di ordine pubblico.
La scelta di occupare militarmente il territorio, di invadere l’area archeologica, trasformandola in un bivacco per le truppe di occupazione, culminata a gennaio nella trasformazione della zona in area di interesse strategico, la dice lunga sulla volontà di imporre con la forza la nuova linea ad alta velocità tra Torino e Lyon.
Le ragioni della forza contro la forza delle ragioni.
In tanti anni i sostenitori dell’alta velocità saputo articolare solo discorsi densi di vuota retorica. La retorica della piccola Italia schiacciata dietro le Alpi, isolata dall’Europa, condannata al declino. Un retorica falsa che nasconde dietro una foglia di fico un sistema di drenaggio di denaro pubblico a fini privatissimi, sostenuto in maniera bipartisan dalla destra come dalla sinistra, pronte a spartirsi la torta.
I No Tav sono colpevoli.
Sono colpevoli di aver mostrato la trama sottile che sostiene la tela delle grandi opere. Sono colpevoli di essersi schierati dalla parte dei tanti che non ce la fanno ad arrivare a fine mese. Sono colpevoli di stare con chi vorrebbe che i 22 miliardi della Torino Lyon fossero usati migliorare la vita di noi tutti, garantendo ospedali, pensioni, trasporti pubblici, scuole a tutti in modo eguale.
Sono colpevoli di aver pensato che un altro mondo è possibile. Sono colpevoli di aver cominciato a vivere frammenti di relazioni politiche e sociali che vivono già oggi l’utopia concreta della partecipazione diretta alle scelte, della solidarietà, del mutuo appoggio.
Sono colpevoli di sapere che la testimonianza non basta, che occorre mettersi in mezzo, anche a rischio della propria libertà, per offrire uno scampolo di libertà a tutti.
Sono colpevoli di pensare che l’ordine ingiusto e predatorio in cui siamo forzati a vivere possa e debba essere spezzato, sono colpevoli di sapere che il futuro non è già segnato, che la precarietà, lo sfruttamento, la fame dei poveri, le guerre debbano divenire retaggio di un passato da dimenticare.
Sono colpevoli di non essersi mai tirati indietro, di aver resistito per oltre vent’anni.
Dopo la rivolta popolare del 2005, sindaci ed amministratori locali sedotti dalle sirene del denaro e del potere, hanno fatto il salto della quaglia, ma non sono riusciti a spezzare il movimento.
Lo scorso maggio, il governo, smessa la finzione della mediazione politica, ha deciso di passare nuovamente alle maniere forti. Manganelli, lacrimogeni, botte, denunce e carcere. Gran parte degli organi di informazione si sono messi al servizio per diffamare e falsificare, sperando in una divisione tra “buoni” e “cattivi”.
Hanno fallito.
Un movimento popolare, un movimento tanto radicato quanto radicale, sa che di fronte alla violenza di carabinieri, poliziotti, militari reduci dalla guerra in Afganistan, di fronte all’occupazione militare, di fronte alla violenza legale ma non legittima dello Stato, ribellarsi è giusto.
Mettersi in mezzo è un impegno morale.
I No Tav arrestati il 26 giugno sono colpevoli. Colpevoli di aver tenuto fede all’impegno che tutti ci siamo presi. Colpevoli di resistere. Partigiani della libertà di tutti.
Li vogliamo liberi. Liberi subito.

Sabato 28 gennaio
Manifestazione No Tav
ore 14,30 piazza Carlo Felice – di fronte alla stazione FS

Federazione Anarchica Torino
Corso Palermo 46 – ogni giovedì dalle 21

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