Misoginia, omofobia, transfobia, bifobia, tuttofobia allignano pesantemente nella nostra società. È una marea crescente quella che, da posizioni radicali, incompatibili con ogni operazione di sussunzione politica istituzionale, refrattaria alla brandizzazione dei corpi e delle identità non conformi, allergica ad ogni operazione di pink/rainbow washing, sviluppa lotte che tolgono spazio sia a chi agisce la violenza patriarcale, sia a chi sostiene posizioni teoriche più o meno esplicitamente sessiste. Sappiamo bene che è una strada ancora tutta in salita.
L’auspicio minimo è che i luoghi liberi, dove si sperimentano percorsi di autogestione e relazioni non gerarchiche per la risoluzione dei conflitti come gli ambiti assembleari in cui ci si autorganizza per le lotte politiche e sociali siano esplicitamente antisessisti
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Non sempre va così. Vi proponiamo la riflessione della rete Free(k) sulla street parade contro la legge anti rave.
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Perché non abbiamo partecipato come rete Free(K) alla street Balliamo insieme, insieme lottiamo del 17 dicembre
Lo scorso sabato c’è stata a Torino una street parade che voleva rispondere “con gioia e determinazione” al decreto cosiddetto “anti-rave” emanato dal governo neofascista Meloni il 30 novembre scorso.
Condividiamo le motivazioni dichiarate per scendere in strada. Ci pare che il decreto denominato “anti-rave” abbia tutto il sapore di una manovra vigliacca e strumentale, atta a reprimere ancora più aspramente diverse forme di dissidenza come manifestazioni, occupazioni e anche taz (zone temporaneamente liberate, le prime forme di rave party) col favore dell’opinione pubblica: hey giantizio! le vedi le immagini dei rave sui telegiornali? persone e freaks nella loro libera espressione, non conformi all’ordinario pudore e decoro che tanto piace a governanti e benpensanti… accetta supinamente l’ordinaria repressione!
Come Free(K) da anni scendiamo in strada con le nostre corpe eccedenti e affianchiamo, amiamo, penetriamo e siamo penetratx da tutte le corpe dissidenti, ribelli ed eccentriche, nella loro favolosa espressione.
E allora, perché non abbiamo preso parte alla street?
Il motivo è che la street è stata attraversata da realtà sessiste, queerfobiche, abiliste e che minimizzano la violenza di genere. Da anni ci troviamo come rete a far fronte a una parte del “movimento” torinese (esigua ma a cui viene lasciato anche troppo spazio) che non riconosce la lotta transfemminista queer come “vera lotta” e ci accusa di esserci fattә “fregare dal capitale”.
Inoltre, la street era anche attraversata da realtà commerciali che hanno contribuito e continuano a contribuire ai processi di (tentata) gentrificazione di questa città. Dopo il rainbow-washing, il rave-washing?
Siamo consapevoli – come abbiamo ribadito tante volte nell’organizzazione del Pride – che un corteo – soprattutto quando è critico e indecoroso – non possa essere un luogo completamente “safe (sicuro)”. Da anni, però, ci impegniamo per costruire insieme luoghi che siano “safeR (più sicuri possibili”, cercando di evitare autoritarismi ma puntando sulla responsabilizzazione collettiva. Vogliamo continuare a farlo, ma riteniamo impossibile farlo trovandoci a dividere la strada con realtà che invisibilizzano le nostre esistenze e denigrano le nostre lotte.
Per questi motivi non siamo scesә in strada come Free(K), ma ci siamo anche volutә prendere qualche giorno per confrontarci sulle nostre diverse posizioni e uscire con un comunicato che fosse il più possibile condiviso.
Ribadiamo la nostra solidarietà allә compagnә che, come noi, hanno scelto di non appoggiare politicamente la street e che hanno denunciato pubblicamente i motivi per cui non l’appoggiavano. Speriamo che le altre realtà che hanno organizzato la street siano aperte a un confronto collettivo e alla costruzione, per il futuro, di spazi più sicuri.

Abbiamo ancora voglia di scendere in strada, e di urlare in faccia a chi ama la repressione: se non possiamo ballare non è la nostra rivoluzione. Non riuscirete a sgomberare la nostra gioia, la nostra rabbia, i nostri bisogni e i nostri desideri. Rivendichiamo e occupiano i nostri spazi quotidianamente senza chiedere il permesso a nessunә.
Vogliamo anche urlare che la lotta anti-repressione è anche la nostra lotta. Ogni volta che unә transfrociә viene cacciatә di casa dalla famiglia si tratta di uno sfratto politico. E ogni spazio occupato che viene sgomberato per motivi politici è un atto di omolesbobitransatuttofobia, perché in quegli spazi ci autorganizziamo, in quegli spazi viviamo. Ogni rave proibito è uno spazio negato alla tracotanza del nostro desiderio.

Che sia pride, carnevale, taz permanente!
Più spazi liberati, più spazi liberi da machismo e omolesbobitransatuttofobia!