Il 4 novembre è la festa delle forze armate. Viene celebrata nel giorno della “vittoria” nella prima guerra mondiale, un immane massacro per spostare un confine. Nella sola Italia i morti furono 600.000.
Il 4 novembre è la festa degli assassini. La divisa e la ragion di stato trasformano chi uccide, occupa, bombarda, in eroe.
A Torino i militari sono tornati in piazza Castello, che per l’occasione è stata completamente blindata dalla polizia. Stefano Lorusso, il nuovo sindaco di Torino, per l’occasione esalta la prima guerra mondiale, il patriottismo, la gestione militare della pandemia, le missioni militari all’estero travestite da missioni di pace.
Cent’anni fa, a rischio della vita, disertarono a migliaia la guerra, consapevoli che le frontiere tra gli Stati sono
solo tratti di matita sulle mappe. Interessano a chi governa, ma non hanno nessun significato per chi abita uno o l’altro versante di una montagna, l’una o l’altra riva di un fiume, dove nuotano gli stessi pesci, dove crescono le stesse piante, dove vivono uomini e donne che si riconoscono uguali di fronte ai padroni che si fanno ricchi sul loro lavoro.
La storia delle rivolte, delle “tregue spontanee”, dell’odio per gli ufficiali, pur ricostruita in numerosi studi, non è mai entrata nei programmi scolastici, perché la propaganda militarista nelle scuole non è mai cessata. Anzi! I militari entrano nelle scuole come “esperti”, per indottrinare ed arruolare ragazzi e ragazze.
Cent’anni dopo, quelle trincee impastate di sangue, sudore, fango e rabbia la retorica patriottica, il garrire di bandiere e le parate militari continuano a nascondere i massacri, i pescecani che si arricchivano, le “decimazioni”, gli stupri di massa.
La memoria popolare ne conserva traccia nelle canzoni, che sono passate di bocca in bocca e riecheggiano nelle labbra di chi oggi lotta contro eserciti, guerre, stati e frontiere.
A Torino e in tante altre città italiane in piazza c’erano anche gli antimilitaristi.
Nel primo pomeriggio uno striscione, con la scritta “4 novembre. Festa degli assassini” è stato appeso al monumento militarista all’angolo tra corso Vercelli e via Ivrea.
Nonostante i blocchi di polizia il presidio antimilitarista è riuscito ad entrare in via Garibaldi non lontano da piazza Castello. A fine giornata un mini corteo ha raggiunto piazza Castello, dove un cartello con un gruppo di generali raffigurati da Baj è stato dato alle fiamme.
Nei tanti interventi la memoria dei disertori e il rifiuto della retorica patriottica si è saldato alle lotte contro le frontiere, le missioni militari all’estero, i mercanti d’armi,
la militarizzazione delle città.

Il 4 novembre è solo una tappa di un lungo novembre di lotta.

Dal 30 novembre al 2 dicembre si terrà all’Oval di Torino “Aerospace & defence meetings”, mostra-mercato internazionale dell’industria aerospaziale di guerra.
La convention è riservata agli addetti ai lavori: fabbriche del settore, governi e organizzazioni internazionali, esponenti delle forze armate e compagnie di contractor. Alla scorsa edizione parteciparono 600 aziende, 1300 tra acquirenti e venditori ed i rappresentanti di 30 governi. Il vero fulcro della convention sono gli incontri bilaterali per stringere accordi di cooperazione e vendita: nel 2019 ce ne furono oltre 7.500.
Settima nel mondo e quarta
in Europa, con un giro d’affari di oltre 16.4 miliardi di euro, l’industria aerospaziale è un enorme business di morte. In Piemonte ci sono: Leonardo, Avio Aero, Collins Aerospace, Thales Alenia Space, ALTEC. Producono cacciabombardieri, missili balistici, sistemi di controllo satellitare, elicotteri da combattimento, droni armati per azioni a distanza.
Le armi italiane, in prima fila il colosso pubblico Leonardo, sono presenti su tutti i teatri di guerra.
Le armi che uccidono civili in ogni dove, sono prodotte non lontano dalle nostre case.

Le truppe del Belpaese fanno la guerra in Niger, Libia, Golfo di Guinea, stretto di Ormuz, Iraq, nel Mediterraneo…
Le avventure neo-coloniali delle forze armate italiane costano un miliardo e 200 milioni di euro: 9.449 i militari impiegati. In Africa sono concentrate 18 delle 40 missioni tricolori.
Mandata in soffitta la retorica delle missioni umanitarie ora Il ministro Guerini mette direttamente in campo la “difesa degli interessi italiani”.
Le bandiere tricolori sventolano accanto a quelle gialle con il cane a sei zampe dell’ENI, la punta di diamante del colonialismo italiano in Africa.
La guerra per il controllo delle risorse energetiche va di pari passo con l’offensiva contro le persone in viaggio, per ricacciare i migranti nelle galere libiche, dove torture, stupri e omicidi sono fatti normali.
Guerra esterna e guerra interna sono due facce della stessa medaglia.
Nel nostro paese
i militari, ormai promossi a poliziotti, sono nei CPR, dove vengono rinchiusi i corpi in eccedenza da espellere, nei cantieri militarizzati e per le strade delle nostre periferie, dove la guerra ai poveri si attua con l’occupazione e il controllo etnicamente mirato del territorio, per reprimere sul nascere ogni possibile insorgenza sociale.

Provate ad immaginare quanto migliori sarebbero le nostre vite se i miliardi impiegati per ricacciare uomini, donne e bambini nei lager libici, per garantire gli interessi dell’ENI in Africa, per investire in armamenti fossero usati per casa, scuola, sanità, trasporti.
Per fermare la guerra non basta un no. Occorre incepparne i meccanismi, partendo dalle nostre città, dal territorio in cui viviamo, dove ci sono caserme, basi militari, aeroporti,
poligoni di tiro, fabbriche d’armi, uomini armati che pattugliano le strade.
Bloccare le missioni all’estero, boicottare l’ENI, cacciare i militari dall
e nostre città, bloccare la produzione e il trasporto di armi, contrastare la mostra mercato dell’industria aerospaziale di guerra sono concreti orizzonti di lotta.

Martedì 9 novembre ore 18
Guerre tricolori. Missioni militari tra gasdotti, colonialismo e lager per migranti
alla Tettoia dei Contadini a Porta Palazzo
con Daniele Ratti dell’Ateneo Libertario di Milano

Sabato 20 novembre
corteo antimilitarista a Torino
ore 14,30 da Porta Palazzo – corso Giulio Cesare angolo via Andreis

Assemblea antimilitarista
Federazione anarchica torinese
corso Palermo 46 – riunioni ogni mercoledì dalle 20,30
(questa settimana la riunione è spostata a giovedì 11 alle 21,30).