Torino, Barriera di Milano.
Ci siamo ritrovati in tanti, sempre di più ogni anno, alla lapide che ricorda Ilio Baroni, partigiano anarchico.
Oggi più che mai ritrovarci in quell’angolo di periferia, dove cadde combattendo Baroni, non è mero esercizio di memoria, ma occasione per intrecciare i fili delle lotte, perché il testimone lasciato da chi non c’è più, è ora nelle nostre mani.
Poi ci siamo fatti una bicchierata ed abbiamo ascoltato e cantato il canzoniere anarchico, partigiano, antifascista…

Ilio Baroni, operaio toscano emigrato a Torino negli anni venti, era comandante della VII brigata Sap delle Ferriere.
Le Sap sabotavano la produzione, diffondevano clandestinamente volantini antifascisti e si preparavano all’insurrezione. Ilio, nome di battaglia ”il Moro”, è protagonista di azioni di guerriglia.
Il 25 aprile a Torino la città è paralizzata dallo sciopero generale, scoppia l’insurrezione, la città diventa a breve un campo di battaglia.
Baroni e i suoi attaccano la stazione Dora e si guadagnano un successo. Giunge una richiesta d’aiuto dalla Grandi Motori. Il Moro non esita ad aiutare i compagni nel mezzo di una battaglia furiosa, e cade sotto il fuoco. È il 26 aprile.
Ilio Baroni non potrà vedere il momento per cui ha lottato duramente tutta la vita…

Ma il fascismo non è morto il 25 aprile del 1945…
Tra sfruttamento, lavori precari e pericolosi, morti in mare, leggi razziste, militari per le strade, guerra, la democrazia somiglia sempre più al fascismo.

La gente di Barriera ha volti e storie diverse ma la stessa condizione di sfruttamento e oppressione di chi combatté il fascismo perché voleva una società senza stato né padroni.
Nel 1917, in pieno conflitto mondiale, lo sciopero contro la guerra e la fame si trasformò in insurrezione: ogni angolo della Barriera divenne una barricata. Per contrastare le cariche a cavallo vennero inaugurate le barricate elettrificate. In piazza Crispi c’era una scuola Moderna, dove gli operai anarchici studiavano per impadronirsi del sapere riservato ai signori, per imparare ad autogestire la società di liberi ed uguali che avevano nella testa e nelle mani.
Durante il fascismo, nonostante la durissima repressione, in Barriera agiva uno tre gruppi anarchici clandestini di Torino. Negli anni della Resistenza la Barriera fu teatro di lotte durissime, prima in fabbrica, poi nelle strade.
Difesero le fabbriche dalla distruzione, perché era viva in loro la memoria degli anni Venti, dell’occupazione delle fabbriche, della lotta in armi per cacciare per sempre i padroni.
La fine del fascismo non portò la vita per la quale in tanti avevano lottato ed erano morti. Ma il filo delle lotte non si spezzò. Negli anni Sessanta e Settanta il volto della Barriera mutò: accanto ai torinesi e ai contadini piemontesi inurbati arrivarono lavoratori dal Meridione e dal Veneto.
La convivenza non fu facile. Furono le lotte comuni a rompere il muro di diffidenza e persino di razzismo tra i lavoratori piemontesi e gli ultimi arrivati. In fabbrica il nemico di tutti era sempre il padrone e chi lo serviva, nelle periferie operaie le lotte per la casa, i trasporti, le scuole, la sanità
furono il fronte sul quale si ricostruì la comunità della Barriera, una comunità che diveniva includente, nella solidarietà tra eguali.
Poi sono arrivati gli anni Ottanta. E poco a poco tutto è cambiato. Il lavoro, qui come nel resto del paese, è diventato sempre più precario, pericoloso, frantumato. La lotta di classe continua, ma a vincerla sinora sono stati i padroni.
Ritrovare un fronte di lotta comune con gli immigrati arrivati dall’Africa, dalla Cina, dal Sudamerica, dai paesi dell’est non è
sempre facile, anche se da qualche anno qualcosa si sta cominciando a muovere.
Oggi la vita in Barriera è sempre più difficile.
Il prezzo di gas e luce è raddoppiato, tanta gente è sotto sfratto o con la casa messa all’asta. Non ci sono i soldi per il fitto e le bollette e la tutela della salute è ormai una merce di lusso che possono permettersi in pochi.
La guerra in Ucraina sta rendendo ancora più precarie le vite dei poveri, tra inflazione e aumento della spesa militare. Ma il governo risponde proclamando lo stato di emergenza “umanitario”.

Nella periferia nord di Torino, ad Aurora e Barriera, dove si concentra la maggior parte degli immigrati che vivono in città, il controllo militare imposto durante il lockdown è diventato normale. Intere aree del quartiere vengono messe sotto assedio, con continue retate di persone senza documenti o che vivono grazie ad un’economia informale.
Trattare le questioni sociali in termini di ordine pubblico è una scelta chiara della nuova amministrazione di centrosinistra in continuità con la giunta pentastellata e con le precedenti giunte targate PD.
Il governo della città e quello della circoscrizione puntano sulla guerra tra poveri italiani e poveri immigrati, per avere mano libera nei processi di riqualificazione escludente in atto nella periferia nord della città.
Processi che sono contrastati dagli anarchici radicati nel quartiere da oltre
quarant’anni, che provano a rioccupare con iniziative di informazione, lotta, socialità gli spazi messi sotto assedio dalla polizia, quelli minacciati di sgombero o sfratto.

La memoria non è un esercizio retorico, ma linfa che si espande tra le lotte di ieri e quelle di oggi.
Da decenni hanno imbalsamato la Resistenza riducendola a mera lotta di liberazione nazionale, per cancellarne la spinta sovversiva, internazionalista, contro stato e padroni.

Oggi ci vorrebbero tutti arruolati nella guerra imperialista tra la Russia e l’Ucraina. Noi non ci stiamo. Noi non ci arruoliamo né con la NATO, né con la Russia. Rifiutiamo la retorica patriottica come elemento di legittimazione degli Stati e delle loro pretese espansionistiche. L’antimilitarismo, l’internazionalismo, il disfattismo rivoluzionario sono stati centrali nelle lotte del movimento dei lavoratori e delle lavoratrici sin dalle sue origini. Sfruttamento ed oppressione colpiscono in egual misura a tutte le latitudini, il conflitto contro i “propri” padroni e contro i “propri” governanti è il miglior modo di opporsi alla violenza statale e alla ferocia del capitalismo in ogni dove.
Siamo a fianco della gente
che muore sotto le bombe in Ucraina, siamo a fianco di chi, in Russia, subisce carcere e repressione per essersi opposto alla guerra in Ucraina.
Siamo a fianco dei lavorator* ucraini che una nuova legge obbliga a 12 ore di lavoro, mentre i padroni possono anche differire i salari. Siamo contro l’economia di guerra qui e ovunque.
Siamo a fianco di chi,
in ogni dove, diserta la guerra tra gli stati, che si contendono il dominio imperiale sui territori, le risorse, le vite di donne, uomini e bambin*.
Siamo contro la guerra e chi la arma, a partire da
l colosso armiero Leonardo, che fa buoni affari con tutti e sta per costruire a Torino la città dell’aerospazio.

Siamo disertori di ogni guerra, partigiani contro ogni stato.

I compagni e le compagne che lottarono per le strade di Barriera, che difesero le fabbriche dalla distruzione, avevano tra le mani il sogno di farla finita con oppressione e povertà. Erano quelli come Ilio Baroni, operaio alle Ferriere, che cadde combattendo per l’anarchia.

Ci vediamo il Primo Maggio!

Disertiamo la guerra!
Domenica Primo Maggio
ore 9
Spezzone antimilitarista al corteo da piazza Vittorio

* No alla guerra e a chi la arma!
* No alle spese militari! Vogliamo case, scuole, ospedali, trasporti per tutt
* Contro la guerra ai poveri e la militarizzazione delle periferie
* No alla città dell’aerospazio! Chiudere e riconvertire le fabbriche d’armi!
* No alla Nato a Torino
* Stop all’invio di armi in Ucraina, ritiro di tutte le missioni militari all’estero
* Solidarietà ed accoglienza ai profughi di tutte le guerre
* Contro tutte le patrie per un mondo senza frontiere

Dopo il corteo pranzo benefit lotte contro la guerra alla tettoia dei contadini
per prenotazioni: antimilitarista.to@gmail.com
#disertiamolaguerra