Una giornata di lotta transfemminista queer promossa dalla rete Free(k) Pride si è tenuta sabato 5 marzo ai giardini (ir)reali.
Ad arricchire l’iniziativa numerose banchette informative, cartelli, striscioni, interventi e testimonianze, la performance “Ruoli in gioco. Rappresentazione De-Genere” e l’immancabile dj set della Malormone Crew che ha accompagnato l* presenti dall’inizio alla fine.

A partire dal primo pomeriggio si è parlato di sciopero dalla norma etero-cis-patriarcale, di rifiuto del binarismo e dei ruoli di genere imposti, di libertà di aborto dall’Italia alla Polonia, dei venti di guerra che attraversano l’Europa e dell’urgenza dell’opposizione – oggi come ieri – ad ogni imperialismo, nazionalismo, machismo, di patologizzazione delle persone trans e negazione sistematica delle persone non binarie, di lavoro femminilizzato e sfruttato, delle rigide sbarre della gabbia familiare entro cui si vorrebbe riaffermare un ordine gerarchico ed escludente.

Siamo identità erranti, transitanti, indecorose, mostruose, che non si lasciano incasellare nella logica binaria. Esistiamo. Non riusciranno a piegarci o cancellarci. Scendiamo in strada con rabbia e determinazione, ma anche gioia, perché se non possiamo ballare non può essere la nostra rivoluzione, convint* che la lotta che portiamo nelle piazze è la lotta che ci accomuna tutt*.

Assestiamo il colpo e facciamo strike all’etero-cis-patriarcato, abbattiamo frontiere, preti, fascisti, sbirri, padroni e governanti!

Di seguito il testo di indizione dell’iniziativa:

strike de-genere! una giornata per salutare il binario e tutto il vagone di chi ci vuole fare andare verso un’unica direzione: patriarcato, macho padrone!

Un’occasione, in vista dell’8 marzo, di proporre lo sciopero dai generi come pratica costitutivamente destabilizzante il machismo eteropatriarcale.

Le identità erranti, fluide, in transito, eccedenti la rigidezza dei generi rompono il binarismo e dissolvono la gerarchia basata sui ruoli di genere imposti. I corpi costitutivamente o-sceni, fuori dallo spazio del rappresentabile e del rappresentato, quando emergono sulla scena pubblica spezzano l’ordine del padre.
L’intersezione con la molteplicità delle esclusioni e dell* esclus* è sovversiva rispetto al mondo nel quale siamo forzat* a vivere, perché apre uno spazio di sperimentazione nella lotta.

La scommessa dello sciopero transfemminista rappresenta un’occasione importante per chiudere i conti con quel cocktail velenoso di miele, mimose e buoni sentimenti e costruire un momento di lotta ampio, anticapitalista, libertario. Uno dei tanti punti di innesco di un conflitto diffuso e quotidiano, per estirpare le radici simboliche e materiali del patriarcato.
Povertà, violenza, attacco all’aborto, gabbie familiari sono gli anelli di una catena che segna la vita delle donne e delle non-conformi. Questa catena è divenuta sempre più robusta e stringente.
La precarietà del lavoro femminile, la minor retribuzione, rendono il salario delle persone riconosciute socialmente come donne meno importante di quello degli uomini e le ricacciano nella gabbia familiare, una gabbia che, con la crisi pandemica, si è stretta sempre più. Le politiche familiste che hanno segnato l’agire dei governi di questi anni, coniugate con la maggiore precarietà della condizione lavorativa femminile, ha aperto una voragine, che sta inghiottendo la libertà di tantissimə.

La gabbia familiare è il terreno dove ri-fondare l’ordine patriarcale, incrinato dai percorsi di libertà di tuttə. Percorsi che, in ogni angolo del pianeta, hanno scatenato una guerra senza esclusione di colpi. Una guerra che si esplicita sia nelle leggi, sia nella crescente violenza misogina che attraversa le società.

Preti e fascist sguazzano in questo pantano, che apre ulteriori voragini negli spazi di autonomia delle persone non etero cisgender. Le destre razziste e misogine vorrebbero che chiunque ha una vagina adempiesse al ruolo di fattrice dellu figliu per la patria, come contrappeso alla presenza dellu bambinu natu qui da genitoru immigrat, all’insegna del binomio sangue e terra, che fonda ogni identità escludente.

Le destre, ma non solo, sostengono il capitalismo e la divisione in classi, ma li vorrebbero mitigati da un forte stato etico, saldamente fondato sulla famiglia, sulla nazione, sulla religione. Dio, patria, famiglia, un assioma che non disturba gli affari ma rimette in ordine il mondo.
Questa formula funziona bene in un modello bellico, dove la guerra è orizzonte perenne. Il nemico è lo straniero, l’estraneo, l’immigrato, ma soprattutto tutt* quell* che si sottraggono alla norma, alla legge del padre, alla gerarchia basata sui ruoli imposti in base al sesso attribuito alla nascita, al binarismo di genere, alla prigione identitaria.

La guerra rappresenta la summa del machismo eteropatriarcale: la violenza viene istituzionalizzata e “normalizzata” negli eserciti. Massacri, stupri, devastazioni sono attività inscritte nello spazio materiale e simbolico dell’eroismo patriottico.

“contro tutti i maCISmi, contro tutti gli imperialismi”!

Facciamo strike a preti, eserciti, fascist, poliziott!