É cominciata ieri a Torino l’“Aerospace & defense meetings”, mostra-mercato internazionale dell’industria aerospaziale di guerra.
La convention, giunta alla sua ottava edizione,
è ospitata all’Oval Lingotto, centro congressi facente parte delle strutture nate sulle ceneri del complesso industriale dell’ex Fiat.
Al presidio, lanciato dall’Assemblea antimilitarista, hanno partecipato un centinaio di persone.
La polizia ha bloccato con tre camionette, uomini dell’antisommossa e un folto stuolo di Digos, l’ingresso all’ultimo tratto della via si chiude con il cancello dell’Oval.
Nonostante il blocco, per oltre due ore, con interventi, raganelle, slogan, muove
ndoci sul piazzale per rallentare gli ingressi, è stato disturbato l’arrivo delle macchine di lusso che entravano nel centro/fortezza dei professionisti del settore armiero.
L’iniziativa si è conclusa con un breve corteo si
no alla sede del Politecnico di via Nizza, per denunciare la complicità dell’ateneo nella ricerca bellica e a servizio di Frontex, l’agenzia dell’UE responsabile di tante morti di migranti lungo i confini della Fortezza Europa.

I media hanno costruito una narrazione dove i colossi dell’industria bellica riuniti all’Oval sono descritti come scienziati e tecnici che progettano e costruiscono navicelle per Marte e l’avventura spaziale.
Allo stesso modo è stata
descritta la prossima costruzione della Cittadella dell’Aerospazio che sorgerà in corso Marche, nell’area dello stabilimento Alenia di Torino, il cui core business è la costruzione di cacciabombardieri e droni da guerra. Promotori, non per caso, sono Leonardo e Avio aero. Il quotidiano La Stampa mette l’accento sull’innovazione, le start up, il legame sempre più stretto con la ricerca universitaria, le “sfide tecnologiche dell’aeronautica e della esplorazione spaziale”, con tanto di museo dedicato.
La città dell’aerospazio è, nella sostanza, un nuovo polo tecnologico dedicato all’industria di guerra. Il progetto coinvolge Regione Piemonte, Comune, Politecnico, Università, Camera di Commercio e Unione Industriale di Torino, Api, Cim 4.0, il Distretto aerospaziale piemontese e Tne. Parlare di armi in modo schietto è considerato impopolare, perciò si attua un’operazione di travestimento di una scelta strategica cruciale per il Piemonte, benedetta in ottobre dal presidente di Confindustria Bonomi: ormai finito il tempo delle automobili, si punta sull’industria bellica, rappresentata in scala mondiale dalla mostra mercato che per tre giorni si svolge all’Oval.

La mostra-mercato è riservata agli addetti ai lavori: fabbriche del settore, governi e organizzazioni internazionali, esponenti delle forze armate degli Stati e compagnie di contractor. Alla scorsa edizione parteciparono 600 aziende, 1300 tra acquirenti e venditori ed i rappresentanti di 30 governi. Il vero fulcro della convention sono gli incontri bilaterali per stringere accordi di cooperazione e vendita: nel 2019 ce ne furono oltre 7.500. Secondo gli organizzatori l’ottava convention ha una partecipazione analoga.
Tra gli sponsor ospiti del meeting spiccano la Regione Piemonte e la Camera di Commercio subalpina.
Settima nel mondo e quarta
in Europa, con un giro d’affari di oltre 16.4 miliardi di euro, 47.274 addetti l’industria aerospaziale è un enorme business di morte.
Torino è uno dei centri dell’industria bellica.
L
a gran parte delle aziende italiane dell’aerospazio si trova in Piemonte, dove il giro d’affari annuale è di 3,9 miliardi euro. I settori produttivi sono strettamente connessi con le università, in primis il Politecnico, e altri settori della formazione.
In Piemonte, ci sono ben cinque attori internazionali di primo piano: Leonardo, Avio Aero, Collins Aerospace, Thales Alenia Space, ALTEC. Gran parte delle industrie mondiali di prima grandezza partecipano alla biennale dell’aerospazio.

All’Oval s
ono stati allestiti alveari di uffici, dove verranno sottoscritti accordi commerciali per le armi che distruggono intere città, massacrano civili, avvelenano terre e fiumi. L’industria aerospaziale produce cacciabombardieri, missili balistici, sistemi di controllo satellitare, elicotteri da combattimento, droni armati per azioni a distanza.
L’Aerospace and defense meetings è un evento semi clandestino, chiuso, dove si giocano partite mortali per milioni di persone in ogni dove.
L’industria bellica è un business che non va mai in crisi. L’Italia fa affari con chiunque.
La chiusura e riconversione dell’industria bellica è urgente e necessaria.
Le armi italiane, in prima fila il colosso pubblico Leonardo, sono presenti su tutti i teatri di guerra.
Guerre che paiono lontane sono invece vicinissime: le armi che uccidono civili in ogni dove, sono prodotte non lontano dai giardini dove giocano i nostri bambini.
Per fermare la guerra non basta un no. Occorre incepparne i meccanismi, partendo dalle nostre città, dal territorio in cui viviamo, dove ci sono caserme, basi militari, aeroporti, fabbriche d’armi, uomini armati che pattugliano le strade.
Fermarli è possibile. Fermarli dipende da ciascuno di noi.

Assemblea antimilitarista
per info
antimilitarista.to@gmail.com