Un primo scorcio d’estate si è affacciato ieri in piazza Vittorio, dove centinaia di antimilitaristi si erano dati appuntamento per contestare le cerimonie militariste e l’ubriacatura nazionalista che, anche a Torino, ha segnato il 2 giugno. Una piazza vasta, plurale, con tante voci accomunate dalla ferma intenzione di inceppare la macchina del militarismo.
Dopo un’ora di interventi e musica il presidio si è trasformato in corteo ed ha imboccato via Po, per raggiungere piazza Castello dove stavano per cominciare la loro esibizione i militari. Imponente lo schieramento di polizia. Lungo il percorso numerose persone hanno applaudito i manifestanti ed ascoltato gli interventi.
Piazza Castello si è trasformata in piazza dei disertori.
Numerose sfide ci attendono nei prossimi mesi.
Il movimento contro la guerra potrà crescere nella sempre più forte connessione con le lotte antimilitariste territoriali, nell’opposizione alla militarizzazione dei territori e all’economia di guerra, nel raccordo con le lotte sociali. A Torino fermare la nascita della Città dell’aerospazio e l’insediamento della NATO, è un impegno concreto ineludibile.

Di seguito uno dei volantini distribuiti in piazza:

Ogni 2 giugno la Repubblica celebra sé stessa con esibizioni militari, parate e commemorazioni.
Una “festa” nazionalista e militarista.
Il governo di estrema destra alimenta la retorica identitaria, i “sacri” confini, l’esaltazione della guerra.
Come ogni anno le cerimonie militari del due giugno servono a giustificare enormi spese militari, l’invio delle armi e l’impegno diretto dell’Italia nelle missioni militari all’estero, dall’Ucraina all’Africa. Guerre, stupri, occupazioni di terre, bombardamenti, torture, l’intero campionario degli orrori umani, se compiuto da uomini e donne inquadrati in un esercito, diventa legittimo, necessario, opportuno, eroico. Le divise da parata, le bandiere, le medaglie, la triade “dio, patria, famiglia” non sono il mero retaggio di un passato più retorico e magniloquente del nostro presente, ma la rappresentazione sempre attuale dell’attitudine imperialista e neoconiale dello stato italiano.

L’Italia è in guerra. Le forze armate italiane sono impegnate direttamente in 43 missioni militari all’estero, di cui 18 in Africa, dove le truppe tricolori fanno la guerra ai migranti e difendono gli interessi di colossi come l’ENI.

L’Italia è in guerra. Dalle basi militari della NATO e degli Stati Uniti in territorio italiano ogni giorno si alzano in volo i droni che gestiscono l’intelligence per l’esercito ucraino.

L’Italia è in guerra. Lungo i confini del Bel Paese, in mare ed in montagna, le polizie e le forze armate fanno la guerra ai migranti.

L’Italia è in guerra. I tagliagole Janjaweed che misero a ferro e fuoco il Darfur, oggi impegnati in una feroce guerra civile in Sudan, sono stati addestrati e finanziati dall’Italia per fare la guerra alla gente in viaggio verso l’Europa. Da decenni l’Italia finanzia la Libia perché intercetti e blocchi i barconi e rigetti uomini, donne e bambin* nell’inferno dei campi di concentramento libici.

L’Italia è in guerra. A pochi passi dalle nostre case si producono e si testano le armi impiegate nelle guerre di ogni dove. Le usano le truppe italiane nelle missioni di “pace” all’estero, le vendono le industrie italiane ai paesi in guerra. Queste armi hanno ucciso milioni di persone, distrutto città e villaggi, avvelenato irrimediabilmente interi territori.

L’Italia è in guerra. I militari sono sempre più presenti per le strade delle nostre città, nelle periferie dove si allungano le file dei senza casa, senza reddito, precari. Servono a prevenire e reprimere ogni insorgenza sociale, a mettere a tacere chiunque si ribelli ad un ordine sociale sempre più feroce.

Quartieri, scuole, università, piazze, luoghi di lavoro: ormai non vi è ambito sociale al sicuro dalla marea militarista montante. La guerra che si sta combattendo in Ucraina ha dato un ulteriore e drammatica spinta verso un riarmo a livello mondiale dagli esiti imprevedibili.
Opporsi alla guerra e al militarismo è un’esigenza imprescindibile.

Torino punta tutto sull’industria bellica per il rilancio dell’economia. Un’economia di morte. A Torino sta per partire la costruzione della Città dell’Aerospazio, un centro di eccellenza per l’industria bellica aerospaziale promosso dal colosso armiero Leonardo e dal Politecnico.
La Città dell’Aerospazio ospiterà un acceleratore d’innovazione nel campo della Difesa, uno dei nove nodi di D.I.A.N.A, una struttura della NATO.
Bloccare la nascita di un nuovo polo di ricerca, progettazione e costruzione di ordigni bellici, impedire che la NATO abbia una sua base a Torino è un impegno concreto contro la guerra. Contro tutte le guerre.

Provate ad immaginare quante scuole, ospedali, trasporti pubblici di prossimità si potrebbero finanziare se la ricerca e la produzione venissero usate per la vita di noi tutti, per la cura invece che per la guerra.

Oggi ci vorrebbero tutti arruolati nella guerra imperialista tra la Russia e l’Ucraina.
Noi non ci stiamo. Noi non ci arruoliamo né con la NATO, né con la Russia. Rifiutiamo la retorica patriottica come elemento di legittimazione degli Stati e delle loro pretese espansionistiche. In ogni dove. Non ci sono nazionalismi buoni.

Noi siamo al fianco di, in ogni dove, diserta la guerra.

Vogliamo un mondo senza frontiere, eserciti, oppressione, sfruttamento e guerra.

Federazione Anarchica Torinese – Assemblea antimilitarista
Riunioni ogni martedì alle ore 21 – corso Palermo 46