Il 4 novembre è la festa delle forze armate. Viene celebrata nel giorno della “vittoria” nella prima guerra mondiale, un immane massacro per spostare un confine. Nella sola Italia i morti furono 600.000.
Il 4 novembre è la festa degli assassini. La divisa e la ragion di stato trasformano chi uccide, occupa, bombarda, in eroe.
A Torino i militari
come ogni anno erano in piazza Castello, i musei erano gratis per esaltare un massacro per spostare un confine.
Il sindaco, in linea con la scelta di travestire i militari in angeli della pace, ha ringraziato “chi, ogni giorno, si impegna per il bene di tutte e tutti”.
A Torino come in tante altre città italiane gli antimilitaristi hanno costruito piazze di senza patria, piazze contro tutte le guerre e tutti gli eserciti.
Tre piazze del centro cittadino
sono state le tappe di un presidio itinerante.
La giornata è cominciata nella centralissima Galleria San Federico, in via Roma, dove c’è la sede del Distretto Aerospaziale del Piemonte, il DAP,
tra i promotori dell’Aerospace and defence meetings, mostra-mercato dell’industria aerospaziale di guerra e del nuovo Polo bellico a Torino.
Il “Coordinamento contro la guerra e chi la arma” e “l’Assemblea antimilitarista”, promotori della giornata di informazione e lotta del 4 novembre, hanno deciso di segnare la giornata in un luogo simbolo della scelta strategica di trasformare Torino in città delle armi, potenziando ulteriormente l’industria bellica con la costruzione della città dell’aerospazio.
La sede del DAP, blindata dalla polizia in assetto antisommossa è stata contestata con interventi e slogan.
Poi, a sorpresa, è partito un breve corteo che è approdato in piazza Carlo Alberto, dove figuranti vestiti da militari davano una parvenza da festa in costume alle celebrazioni del 4 novembre.
Non un soldo non un un soldato per le guerre dello stato” è lo slogan che ha segnato l’ingresso degli antimilitaristi nella piazza in cui campeggia un monumento dedicato alle guerre con cui i Savoia diedero avvio alla loro conquista della penisola.
Nei numerosi interventi che si sono susseguiti, oltre alla denuncia del ruolo dell’Italia in diversi scenari di guerra, si è ribadita l’opposizione a frontiere, eserciti, guerre.
Il tema dell’economia di guerra che macina le vite di noi tutti, privati di servizi essenziali, tagliati per aumentare le spese militari, si è intersecato con la necessità di dare forza all’internazionalismo degli oppressi e degli sfruttati contro ogni forma di nazionalismo interclassista. Non sono mancati interventi di solidarietà con i civili uccisi nella feroce guerra in corso tra l’esercito israeliano e le milizie di Hamas ed il sostegno a chi, in ogni dove, decide di disertare la guerra.

Un’azione teatrale ha ricordato quelli che cent’anni fa, a rischio della vita, disertarono a migliaia la guerra, consapevoli che le frontiere tra gli Stati sono solo tratti di matita sulle mappe. Interessano a chi governa, ma non hanno nessun significato per chi abita uno o l’altro versante di una montagna, l’una o l’altra riva di un fiume, dove nuotano gli stessi pesci, dove crescono le stesse piante, dove vivono uomini e donne che si riconoscono uguali di fronte ai padroni che si fanno ricchi sul loro lavoro.
Al centro della piazza un gruppo di persone chiuse in uno spazio angusto con un filo che rappresenta la frontiera sono immobili, mentre una voce fuori campo parla della nostra città, delle armi prodotte qui che uccidono uomini, donne e bambini in ogni dove.
Partono suoni di bombe e la morte cala su di loro.
Poi partono le note di “Gorizia”. “Gorizia tu sei maledetta per ogni cuore che sente coscienza,
dolorosa fu la partenza, il ritorno per molti non fu”.
Una delle tante canzoni che la memoria popolare ha conservato, passando di bocca in bocca riecheggiano sulle labbra di chi oggi lotta contro eserciti, guerre, stati e frontiere.

Un intervento in apertura ha ricordato la storia delle rivolte, delle “tregue spontanee”, dell’odio per gli ufficiali che, pur ricostruita in numerosi studi, non è mai entrata nei programmi scolastici, perché la propaganda militarista nelle scuole non è mai cessata. Anzi! I militari entrano nelle scuole come “esperti”, per indottrinare ed arruolare ragazzi e ragazze.
Cent’anni dopo quelle trincee impastate di sangue, sudore, fango e rabbia, la retorica patriottica, il garrire di bandiere e le parate militari continuano a nascondere i massacri, i pescecani che si arricchivano, le “decimazioni”, gli stupri di massa.
In occasione del 4 novembre è stato presentato il progetto “Patres” promosso da Anarti Torino, in collaborazione con Assoarma. Il progetto, vincitore del bando “Invecchiamento Attivo” promosso dall’assessorato regionale alle Politiche Sociali, guidato dal fascista Marrone, ha lo scopo di far entrare nelle scuole i “veterani” delle associazioni d’arma, per trasmettere “i valori e i simboli della patria.”

Gli antimilitaristi sono ripartiti in corteo ed hanno raggiunto piazza Castello, dove si stava concludendo la cerimonia militare.
Qui sono stati aperti gli striscioni di fronte al tronfio monumento che il fascismo dedicò al Duca d’Aosta, che durante la prima guerra mondiale comandò la terza armata.

In tante piazze sono ricordati ed elogiati uomini in armi e i bambini e le bambine, i ragazzi e le ragazze sono educati a considerarli esempi positivi di eroismo.
L’azione degli antimilitaristi addita la vergogna che questi simboli rappresentano, una vergogna che bisognerebbe nascondere per costruire un futuro senza guerre.

Questo 4 novembre è stata la prima tappa di un mese di lotta ai mercanti di armi, alla produzione bellica, all’avvio dei lavori per la città dell’Aerospazio.

In piazza tutt* hanno rilanciato il corteo antimilitarista del 18 novembre.
Appuntamento alle 14,30 in corso Giulio Cesare angolo via Andreis.