Il CPR di Torino è chiuso dai primi giorni di marzo, perché distrutto dalle rivolte di febbraio.
Ma il governo è deciso a riaprirlo al più presto.
Da circa due mesi una ditta, l’Operosa, sta lavorando oltre le mura ed il filo spinato per ristrutturarlo.
Si tratta di un’azienda molto attenta all’immagine, che descrive la propria offerta “etica”, all’insegna della responsabilità sociale e ambientale. Il solito minestrone green, pink, blu per coprire con chiacchiere e bei colori il lavoro sporco che stanno facendo.

L’assemblea No Cpr né qui né altrove promuove un mail e phone bombing nei confronti di Operosa per il 19 e 20 luglio.
Lavorare in una prigione per migranti non è un lavoro come un altro.

Scriviamo e telefoniamo ad Operosa per dire cosa ne pensiamo di chi lavora per ricostruire un Lager. Bombardiamoli di lettere e telefonate!

Di seguito una bozza di lettera da inviare, ma, ovviamente, ognunu è liberu di scrivere quello che ritiene più opportuno.

All’attenzione dell’amministrazione di Operosa S.p.A.,

Sappiamo che da due mesi lavorate all’interno del CPR di corso Brunelleschi a Torino. Collaborate alla sua ristrutturazione e di conseguenza alla sua riapertura, dopo la chiusura di marzo grazie alle coraggiose rivolte dei reclusi che dall’interno hanno dato fuoco alla struttura.

Anzitutto ci teniamo a spiegarvi che cos’è un CPR e per chi state lavorando, nel caso non ve lo foste chiesto prima di prendere l’appalto. I CPR (centri permanenza e rimpatrio) sono prigioni dove le persone vengono rinchiuse solo perché prive di documenti considerati validi, in attesa dell’identificazione e di una possibile espulsione verso il paese di provenienza. Il periodo di questa detenzione, detta amministrativa, può durare fino a 90 giorni e a volte anche di più, i tempi possono essere prolungati a piacimento.

I CPR sono dei veri e propri luoghi di tortura: condizioni igieniche pessime, cure sanitarie inesistenti, somministrazione coatta di psicofarmaci, celle sovraffollate, cibo scaduto e immangiabile e violenze psicofisiche quotidiane. Questo è il luogo che state contribuendo a rimettere in piedi e per questo vi riteniamo direttamente complici e responsabili delle torture che all’interno verranno perpetrate una volta riaperto.

Vi presentate sul mercato come un’azienda green, femminista, attenta all’etica e alle responsabilità sociali e ambientali. Nel vostro codice etico leggiamo che vi prendete in carico il “benessere generale della collettività, consapevoli degli effetti della vostra modafinil Italia attività nel contesto di riferimento”. Siate consapevoli che lavorando per la riapertura del CPR di Torino l’unica responsabilità sociale che vi assumete è quella di collaborare ad un sistema che rinchiude, segrega, tortura e deporta le persone con la sola colpa di non avere un giusto documento.

Sappiate che la notizia di questa collaborazione non è passata sotto silenzio benché approfittando dei recenti decreti (decreto Cutro) e dello stato di emergenza, l’assegnazione di questa gara d’appalto sia stata firmata sottobanco e abbiate cercato di occultarla.
Pretendiamo che rendiate conto di come lavorare per la ricostruzione di un lager di stato possa essere in linea con l’”etica” dell’azienda di cui tanto vi vantate.
Non lasceremo che portiate avanti questo lavoro stando in silenzio, sfruttando il razzismo sistemico dello stato per arricchirvi.

Non vogliamo che il CPR di Torino venga riaperto, né qui né altrove.

Di seguito indirizzi e numero di telefono:

051 604 7600

legale@operosa.it

amministrazione@operosa.it

produzione@operosa.it

gestionerisorseumane@operosa.it

quas@operosai.it

odv@operosa.it