Dalla rotta Balcanica arrivano a Trieste ogni giorno molte persone. Poche hanno interesse a fermarsi in Italia: la maggior parte prosegue per altri Paesi europei.
Tutti hanno fatto un viaggio terribile: c’è chi ce la fa in un anno, chi è ancora in marcia dopo 10 anni. Un parte di vita rubata dalle frontiere chiuse, dai respingimenti, dai trafficanti che ci lucrano, dalle polizie di ogni dove, che picchiano, gasano, stuprano. Molti sono giovanissim*, poco più che bambini. Il viaggio ha il suo collo di bottiglia sui confini della Croazia, della Bosnia e della Serbia. Da anni sia la Croazia sia la Slovenia, con il supporto di tutti gli altri Paesi europei, violano anche le norme europee, deportando quelli che riescono ad intercettare sul proprio territorio, negando anche il diritto d’asilo.
Sono respingimenti brutali: le persone vengono picchiate, derubate, umiliate. Una violenza sistematica, ricorrente, metodica, che mira a seminare il terrore, per allontanare dalla rotta balcanica, chi vi è stato sospinto.
Ogni persona in viaggio prova più e più volte a passare prima di riuscire ad arrivare a Trieste, dove da qualche tempo sono iniziate le “riammissioni informali” in Slovenia. Chi arriva a Trieste non può più sentirsi in salvo.
“Le riammissioni” da Trieste infatti, ben diversamente da quanto sostengono politici e prefetti, sono delle pratiche inumane.
Le persone non sono meramente “riammesse” in Slovenia, ma rinchiuse in una caserma, da dove si dipana una catena di respingimenti, accordati tra gli Stati in modo informale, che in poche ore li riporta al collo di bottiglia da cui sono partiti.

Ascolta la diretta di Balckout con Raffaele dell’Assemblea No CPR, No Frontiere del Friuli e Venezia Giulia:

Il collo di bottiglia