L’annuncio della fine dello sciopero della fame di Dimitri Koufontinas si connette direttamente con le piazze che per settimane hanno sfidato e messo a dura prova la tenuta del governo Mitsotakis. Piazze solidali con la lotta di Dimitri contro la riforma carceraria, piazze che si battono contro la brutalità poliziesca come a Nea Smirni, piazze di studenti che non accettano la militarizzazione delle università.
La decisione di Dimitri è motivata proprio dall’importanza e dall’imponenza delle lotte che hanno attraversato la Grecia per settimane. D’altra parte senza lo sciopero nel quale ha messo a rischio la sua vita e non ci sarebbe stata la risposta delle piazze.
L’annuncio sulla cessazione dello sciopero è arrivato dopo il comunicato dei medici, che annunciavano come prossima la sua morte. Kuofontinas è ancora in ospedale a Lamia, dove dovrà affrontare una lunga riabilitazione: forte è il rischio di una compromissione cronica dei reni. I ricorsi della sua avvocata sono stati respinti e lui è ancora ancora affidato al carcere speciale di Domokos, tuttavia ora partiranno altri ricorsi. La battaglia giudiziaria continua.
Ad Atene e Salonicco le proteste si stanno intensificando.
L’episodio più significativo è avvenuto nel quartiere di Nea Smirni, dove, domenica 7 marzo, la polizia aveva fermato e multato alcuni ragazzi in un parco: alle loro proteste era scattato un pestaggio. Il video delle manganellate è diventato presto virale. Due ore dopo un corteo spontaneo aveva attraversato il quartiere ed era stato caricato violentemente dalla polizia in antisommossa e dai famigerati reparti Delta in motocicletta.
Due giorni dopo svariate migliaia di persone avevano risposto all’appello dell’assemblea popolare di Nea Smirni e, nonostante blocchi della metropolitana e posti di blocco erano riusciti a convergere nella piazzetta centrale, da dove partiva un corteo diretto alla commissariato di zona. Alle 19, circa un’ora dopo la partenza partono i primi scontri, che proseguiranno per ore. L’attenzione mediatica sarà poi interamente concentrata sul grave ferimento di un poliziotto della Delta.
In realtà i dati più significativi sono altri: da un lato il fatto che migliaia di persone non coinvolte negli scontri sono comunque rimaste in piazza, dando sostegno alle prime file, dall’altro la solidarietà degli abitanti che in più occasioni hanno aperto i portoni delle case, per dare rifugio agli insorti.
La giornata si è conclusa con trenta fermi, 13 arresti di persone poi rilasciate in attesa di processo e con tre condanne per direttissima a manifestanti accusati del ferimento dell’agente della Delta.
La terza ondata della pandemia, che si sta abbattendo sulla Grecia, viene affrontata dal governo sul piano meramente disciplinare, moltiplicando i controlli e le multe. La risposta di Nea Smirni non può che aumentare la crescente difficoltà del governo Mitsotakis ad affrontare la marea crescente della protesta di piazza.

Secondo quanto riporta il quotidiano Efimerida ton Syntakton il giorno successivo agli scontri a Nea Smirni, un anarchico è stato rapito di fronte alla sede dell’assemblea popolare del quartiere e condotto nei sotterranei della questura incappucciato. Sottoposto a pestaggi brutali e minacce di morte, è stato tenuto in isolamento senz’acqua per due giorni. Anche una ragazza fermata in piazza è stata picchiata, molestata pesantemente e minacciata di stupro dalla polizia.
La polizia greca, i cui membri sono in prevalenza vicini ai fascisti di Crisi Arghi, Alba Dorata, non sono nuovi a pestaggi, torture e molestie nei confronti di manifestanti fermati in piazza. É tuttavia la prima volta, dalla dittatura dei colonnelli, che un anarchico viene rapito dalla polizia in mezzo alla strada.
Il giovedì successivo, due giorni dopo la sollevazione di Nea Smirni e la canea mediatica intorno al ferimento del poliziotto, oltre 12.000 persone partecipavano ad un nuovo corteo nel centro di Atene.

A Salonicco, la seconda città della Grecia la risposta allo sgombero del rettorato occupato, è stato un corteo enorme terminato con scontri con la polizia.
Nell’ultimo weekend sia nelle città che nei quartieri periferici di Atene ci sono state una miriade di manifestazioni contro la brutalità della polizia, che questa volta ha pensato bene di non farsi vedere.
In Grecia le manifestazioni erano libere: con il pretesto della pandemia Mitsotakis ha introdotto l’obbligo di chiedere il permesso di manifestare. Sebbene nessuno abbia obbedito a questa imposizione, tuttavia sino a febbraio cortei e manifestazioni si erano sensibilmente ridotte. Lo sciopero di Koufontinas, la brutalità poliziesca, il peggiorare della situazione economica e sanitaria stanno innescando questa nuova ondata di proteste che minano la stabilità dell’esecutivo.
I prossimi mesi potrebbero essere cruciali. La sanità, sulla quale non è stato fatto nessun investimento è al collasso, le terapie intensive sono esaurite, si moltiplicano le agitazioni di medici e infermieri.
Il 17 marzo migliaia di lavoratori e lavoratrici della sanità hanno manifestato ad Atene e Salonicco.
Presto finirà la cassa integrazione in deroga, potrebbero partire i pignoramenti delle prime case, uno dei tanti attacchi alla vita dei poveri introdotti dal governo di Nea Democratia, che dovrà anche gestire una nuova rinegoziazione del debito con l’Unione Europea.
Mitsotakis e i suoi non avranno vita facile.